Dal 3 al 13 maggio al Teatro Vascello è in scena “Penelope in Groznyj”, un dramma scritto e diretto da Marco Calvani. Inizia la sua carriera come attore ma dopo pochi anni decide di buttarsi sulla drammaturgia, nel 2002 scrive “Quasi” con il quale inizia il suo nuovo percorso. In questi 10 anni ottiene successo soprattutto all’estero, è uno dei giovani autori italiani più rappresentati in Francia. È il fondatore e direttore artistico di Mixò, centro culturale internazionale che riunisce attori e autori nella promozione di opere originali di teatro e di cinema. L’anno scorso ha ottenuto il premio Siae come migliore autore teatrale al Festival di Spoleto.
“Penelope in Groznyj” ha debuttato nel 2009 al Kunsthaus Tacheles di Berlino, ora è portato in scena a Roma al Teatro Vascello e, ci teniamo a rimarcarlo, è diretto dallo stesso autore. Calvani riprende il mito omerico di Penelope, la moglie di Ulisse, e lo attualizza ambientandolo nel conflitto ceceno senza però modificare i nomi originali greci e mantenendo le caratteristiche peculiari di ogni personaggio.
Ulisse è uno dei capi dei ribelli che lottano per cacciare i russi, per dare l’indipendenza al paese. Secondo le voci hanno il loro nascondiglio sulle montagne intorno a Groznyj, la città principale della Cecenia. Il paese è sconvolto dalla guerra, dai saccheggi dei militari russi, dalla violenza e dalla lotta tra poveri dello stesso fronte. Penelope attende fiduciosa il ritorno del marito, del quale non ha più notizie, nonostante il tempo faccia presupporre la sua scomparsa definitiva. Non demorde, la speranza è l’unica cosa che le è rimasta. Il giovane figlio, Telemaco, non ce la fa più ad aspettare un ritorno che forse non ci sarà mai, decide quindi di partire, senza nemmeno avvertire la madre, nella speranza di ritrovare il padre e di contribuire anch’egli alla lotta per l’indipendenza.
In questo quadro si sviluppa la tragica vicenda delle violenze perpetrate dal maggiore Antinoo e dai suoi commilitoni russi: Penelope e altri ceceni, per lo più donne, verranno arrestati in maniera più o meno illegale con l’accusa di essere a conoscenza dei piani e dei nascondigli dei ribelli. Nella casa di Penelope sono state ritrovate, infatti, delle armi e munizioni che secondo i militari appartengono ai ribelli. Antinoo è un uomo arrogante e violento, si crede il bello di turno e approfitterà della situazione. Tutti gli arrestati vengono portati in una scuola abbandonata che diventerà un lager. I russi rappresentati da Antinoo e dal suo capitano faranno denudare tutti i prigionieri e li sottoporranno a sevizie e soprusi senza nessuna pietà, resi ancora più crudeli dal fatto che la maggioranza delle loro vittime sono giovani donne. Penelope riuscirà a mantenere una sua dignità, seppur minima, le altre a differenza sua saranno sconvolte nel profondo della psiche.
Marco Calvani afferma, in un’intervista del 2009 (la trovate sul sito Internet http://marge.blogsome.com ), che la sua scrittura tratta sempre più temi di denuncia sociale e ha cominciato a mettere di fronte alla realtà il pubblico, qualunque esso sia. L’obiettivo è cercare di capire, in particolare i diretti interessati da un conflitto.
È importante conoscere le motivazioni che spingono un autore a scrivere: Calvani non cerca di addolcire la verità, non si autocensura e lo vediamo bene in “Penelope in Groznyj”: gli attori vengono fatti spogliare completamente, come sarebbe avvenuto nella triste realtà. Il nostro autore e regista non si accontenta di far intuire l’orrore, il suo scopo è quello di far nascere dentro l’animo dello spettatore un disgusto, una ripugnanza forte nei confronti della guerra, delle persecuzioni, delle dittature; l’unico ostacolo alla perfezione di queste emozioni è la consapevolezza che quella è solo una rappresentazione teatrale.
Evidentemente non è sufficiente un buon testo e una buona regia per riuscire a raggiungere la parte più profonda del pubblico, vogliamo sottolineare l’importanza notevole dell’interpretazione degli attori: sono giovani provenienti da diversi paesi europei (spagnoli, italiani, tedeschi, inglesi) uno più bravo dell’altro, capaci di esprimere autenticità. Spicca tra tutti Giovanni Izzo che interpreta uno dei personaggi più importanti e d’impatto, il maggiore Antinoo. La scenografia è minimale, denudata anch’essa dalla violenza della guerra.
Concludendo, il dramma rappresentato è di indubbio valore artistico e l’intero cast è assolutamente all’altezza del testo teatrale; dobbiamo però avvertirvi, come già detto, della crudezza delle scene, dell’assenza di qualunque velo che attutisca la violenza. Non tutto il pubblico potrebbe accettare la brutalità della realtà mostrata senza censura. Vi consigliamo di provare quest’esperienza e poi di giudicare, anche in vista del prezzo accessibile del biglietto, come sempre accade al Teatro Vascello!
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