I-Doser, droga in mp3? Una bufala!

Tutto e’ cominciato martedì 1 luglio quando un lancio dell’agenzia ANSA annuncia il fenomeno delle cyber-droghe, come rilevato dal Nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di Finanza. La prima redazione a rilanciare l’allarme e’ il sito internet del TGcom: starebbe sbancando in Europa il fenomeno I-Doser, ovvero droga virtuale. Le dosi sarebbero sotto forma di infrasuoni in mp3, disponibili su siti web a pagamento o gratuitamente sulle reti P2P (peer-to-peer), in grado di alterare lo stato mentale degli ascoltatori. Questi files, prosegue l’articolo, se ascoltati in cuffia creerebbero lo stesso effetto delle droghe tradizionali e sarebbero regalati la prima volta, in seguito ceduti a pagamento: il pericolo sarebbe inoltre la speculazione da parte del crimine organizzato.
Nel giro di poche ore la notizia fa il giro delle più note testate: tutti gli articoli sono però pressoché simili e nessuno approfondisce la questione.
Il giorno dopo la bolla inizia a sgonfiarsi ma, come di solito avviene, la correzione di una falsa notizia non riscuote il successo della stessa. Sarà solo “Il Messaggero” a riportare il punto di vista di un esperto in materia, il neurofarmacologo Nava, direttore del Comitato scientifico nazionale di Federserd (federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze). Il direttore afferma che “Non ci sono studi scientifici o report anche aneddotici che possano far pensare che alcune musiche possono determinare fenomeni neurobiologici del tutto simili a quelli prodotti dalle più pericolose sostanze d’abuso. E’ una trovata commerciale ideata da astuti e loschi personaggi, con il solo scopo di arricchirsi sfruttando la credulità e la voglia di sballo a ogni costo di alcuni ingenui giovani cibernauti”.
Grazie all’indagine e alle riflessioni del noto sito web anti-bufala Attivissimo.net, l’intera notizia sull’I-Doser viene smontata pezzo per pezzo. Molti si erano comunque già resi conto della stranezza della news, come dimostrano i numerosi commenti dei navigatori.
Vediamo insieme alcuni elementi:
•    si parla di infrasuoni in mp3, dimenticando che la compressione di un file audio in questo formato comporta invece il taglio delle incriminate basse frequenze, quindi non più udibili.
•    i normali altoparlanti, nonché le cuffie, non sono in grado di riprodurre gli infrasuoni.
•    le dosi sono file riproducibili, facili da reperire sulle reti P2P, quindi l’ipotesi di un’eventuale speculazione da parte della criminalità organizzata non regge.
•    Ascoltare qualunque tipo di suono non e’ fattispecie di nessun reato, allora la Guardia di Finanza non dovrebbe interessarsene.
•    Dal punto di vista scientifico il fenomeno si chiama bineural beat e consiste nell’ascolto di un suono in ogni cuffia a frequenza leggermente diversa (es. 320Hz e 325Hz) e non solo di infrasuoni.
Concludendo ci domandiamo, retoricamente, perché nessun giornalista si sia documentato prima, perché e’ stato dato tutto questo risalto ad una notizia non verificata e soprattutto per quale motivo, dopo la smentita, solo pochissimi siti web o testate hanno sentito l’esigenza di informare il pubblico della verità? Le risposte le sappiamo tutti: una notizia di tale calibro ottiene molta audience e si presume che i lanci di agenzia non siano da verificare; inoltre la notizia della smentita avrebbe screditato giornali e giornalisti.
Aggiornamento Il 4 luglio sul sito Datamanager.it viene pubblicato un articolo che dà nuova linfa alla notizia: nonostante però i vari riferimenti ad articoli scientifici, il cuore della questione rimane invariata. L’unica cosa da dire e’ che il suono, soprattutto a bassa frequenza, può avere degli effetti di disturbo sul cervello; ma non c’è nessun allarme o novità, né tantomeno l’I-Doser è un fenomeno di massa. Con tutto questo movimento invece tali presunte “cyber-droghe” sono venute alla luce, mentre prima quasi nessuno ne aveva conoscenza, almeno in Italia.

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