La mobilità di un disabile: bus – testimonianza pt.1

Una volta, circa un paio di anni fa, decisi di fare un esperimento di mobilità urbana: prendere l’autobus.  Quello che in molte capitali europee e non solo è la normalità (Barcellona e Londra sono le mie esperienze), che i mezzi di trasporto di superficie siano accessibili ai disabili con la carrozzina, a Roma non lo è (per la metropolitana è un caso a parte visto che neanche all’estero è mai completamente accessibile, probabilmente per motivi strutturali). L’esperienza che avevo avuto era stata terribile. Presi l’autobus vicino casa dopo un’attesa di circa mezz’ora, i primi autobus che passarono erano privi di pedana elettrica o l’avevano rotta, ma poi arrivò quello giusto. Ma quello lì sarebbe stato un lusso, infatti al ritorno ebbi una sorpresa che sinceramente non mi sarei mai aspettato: come all’andata molti bus era sprovvisti di pedana e quelli teoricamente accessibili in pratica non lo erano per guasti degli apparecchi, stavolta però la scena sembrava si ripetesse all’infinito: i minuti passavano, mezz’ora, tre quarti d’ora alla fin era passata un’ora e mezza… Non riuscivo più a tornare a casa quel giorno, sempre accompagnato da un’assistente, faceva freddo, ero impossibilitato a fare nulla di fronte agli autobus che passavano inesorabilmente inaccessibili. La chiamata del numero di emergenza fece sì che arrivasse un responsabile, che però non poteva fare nulla di concreto, nel frattempo chiamai mio padre che era ritornato a casa dal lavoro e che mi venne a prendere… fortuna che ero solo a un paio di kilometri da casa.

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