Testimonianza: Dalle barriere psicologiche a quelle architettoniche, cosa comporta una malattia invalidante

Sono un ragazzo di 22 anni e sono affetto da distrofia muscolare di Duchenne, la più frequente forma di distrofia muscolare che colpisce circa 1 su 3500 nati maschi. Nonostante sia una malattia genetica e dunque si nasce già con essa, i primi sintomi compaiono in seguito, infatti soltanto verso i 5/6 anni i miei genitori si sono accorti che qualcosa non andava nel mio camminare o fare le scale. Scoperta dunque la malattia verso i 7 anni ho iniziato la fisioterapia, per me era quasi un gioco e neanche mi domandavo il perché… a dire la verità non mi sono mai posto domande in generale sulla Duchenne, se non da ragazzino (15 anni forse). Forse non farsi domande e’ stato meglio, ma… a farmi pensare, o ricordare, alla malattia ci pensava la curiosità degli altri, della gente. Mi ricordo solo 3 episodi: ero a scuola, aspettavo mia mamma nel corridoio e un bambino dell’asilo mi guarda e dice “ma tu zoppichi?” e io “no”, e insisteva e io a ripetere “no”… un’altra volta ero per strada sotto casa di mia nonna, una signora straniera (non ho nulla contro gli stranieri!) si ferma e chiede a mia mamma “che cos’ha?”, non ricordo bene la risposta… infine ricordo che mi trovavo al cinema con mia nonna, stavo stavolta già sulla carrozzina, e un bambino mi guarda e chiede “perché sei seduto su un carrello?”, probabilmente non aveva mai visto un disabile in carrozzina, mia nonna liquidò la sua curiosità “sta più comodo così”… Ed e’ proprio per l’assenza di peli sulla lingua dei bambini più piccoli che mi sentivo a disagio davanti a loro.

Le barriere sono prima di tutto culturali e psicologiche, ma quelle architettoniche non sono da meno. Queste sono certamente visibili concretamente, ma il più delle volte derivano da ignoranza, dunque sempre da qualche lacuna psicologica. Alcune dimostrano l’incompetenza degli addetti ai lavori, due esempi: la sede di Scienze Politiche dell’Università Roma3 che frequento fortunatamente e’ a misura di disabile, ma se vogliamo essere puntigliosi, nell’aula magna non e’ possibile posizionarsi vicino agli altri studenti seduti ai banchi, perché c’e’ un gradino; il marciapiede esterno alla facoltà ha lo scivolo, ma per evitare che i ciclomotori blocchino il transito qualcuno ha avuto la geniale idea di inserire una barra che ostacola il passaggio delle carrozzine! Chi ha progettato ex novo la sede e’ riuscito a introdurre ostacoli, pur di lieve entità!

Una situazione invece veramente grave e’ quella relativa al servizio di trasporto pubblico di Roma. Sul fatto che non tutte le vetture ATAC (l’azienda municipale che gestisce il servizio nella capitale) siano accessibili potremo pure chiudere un occhio, ma l’assurdo e’ che nemmeno quelle dotate di rampa elettrica siano di fatto tali! Ho voluto fare una sorta di esperimento e con uno dei miei assistenti domiciliari ho preso l’autobus… l’esperienza concreta ha dimostrato il mio pregiudizio, e l’autobus non lo prenderò più. Semplicemente le pedane elettriche sono nella stragrande maggioranza fuori uso mentre in qualche caso gli autisti non le sanno usare! Se consideriamo il costo di queste rampe e la loro possibilità di utilizzo arriviamo ad un’amara conclusione: era meglio non avere autobus pseudo-accessibili e investire quel capitale in altro modo.

Il sistema di trasporto pubblico riservato ai disabili gestito dalla Trambus colma in parte questa lacuna fortissima. Questo sistema e’ gratuito, ma solo per fisioterapia/lavoro/studio, ultimamente il servizio e’ migliorato (questa almeno e’ la mia esperienza) e capitano ormai raramente situazioni limite in cui manca la cintura di sicurezza… A pagamento permette di farsi portare ovunque ma il problema e’ il costo notevole del servizio, ben 23 euro a corsa! L’errore e’ far pagare a forfait di 100 km, dunque se bisogna farne solo 5 costa sempre uguale! Considerando la necessità del ritorno si raggiungono i 46 euro. Sarebbe necessario differenziare la tariffa.

Passiamo alle barriere architettoniche dei negozi e dei marciapiedi: la situazione non e’ brillante poiché la maggior parte dei negozi ha un gradino iniziale, non indifferente, che si può superare con molta fatica con l’aiuto di qualcuno oppure e’ talmente alto che e’ necessario soprassedere! Anche molti marciapiedi non sono “agevoli” ma la situazione e’ più rosea in certi quartieri.

Un problema di barriere insormontabile e’ quello degli ascensori nei condomini. Nella propria palazzina si può risolvere il problema tralasciando le questioni con i vicini, che spesso cercano di ostacolare i lavori di adeguamento delle strutture, nonostante per legge i disabili abbiano delle garanzie in questo senso; se però una persona disabile deve andare in casa di amici può star certo che e’ molto difficile farlo, ma su questo non si può intervenire.

Infine vorrei evidenziare la pseudo-completa accessibilità delle sale cinematografiche: se cercate informazioni su internet o sui giornali (a Roma almeno) vi sembrerà il paradiso! Come e’ possibile che il 100% sia senza barriere? E’ infatti questo e’ vero solo formalmente! Se andate di persona al cinema o, se siete fortunati, riuscite a contattarlo per telefono (spesso c’e’ un disco) vedrete che molte sale garantiscono l’accesso solo in prima fila davanti allo schermo! Questa e’ ipocrisia! Secondo “loro” dovrei storcermi gli occhi per vedere il film e costringere i miei amici, che pagano il biglietto non dimentichiamolo, a fare altrettanto… ditemi se le persone con disabilità non sono considerati cittadini di serie B, date le circostanze! Certo abbattere le barriere ha un costo, ma per favore eliminiamo l’ipocrisia! In effetti quando esco in giro e mi guardo intorno, mi sembra quasi di essere l’unico in questa situazione, ma capisco che con tutte queste barriere psicologiche e architettoniche e’ difficile uscire e molti si arrendono! Bisogna invece uscire, seppur nei nostri limiti, anche per dimostrare che esistiamo realmente e che le spese per abbattere le barriere non sono inutili ma servono a persone vere.

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